Intervista a DIODATO

15/08/2021

Ci sono canzoni che rappresentano il senso del tempo: colgono un momento, magari in anticipo, e rendono per sempre contemporanei un incipit, una strofa o un ritornello. Come «Fai rumore, sì, che non lo posso sopportare questo silenzio innaturale…», il ritornello della canzone con cui Diodato ha vinto il Festival di Sanremo 2020, riproposto poi all’Eurovision più strano di sempre in versione clip dall’Arena di Verona, da solo, in un’atmosfera lunare. “Fai rumore” farà parte della scaletta del concerto speciale che Diodato terrà in Arena, il prossimo 19 settembre alle 21.

Sistemata verso la fine dello spettacolo, questa canzone troverà posto vicino alle altre bellissime composizioni di questo schivo cantautore originario di Taranto: “Adesso”, incisa con Roy Paci, “L’uomo dietro il campione”, brano principale de “Il Divin Codino”, il biopic di Netflix incentrato sulla vita di Roberto Baggio; e poi ancora (solo per citarne alcune), “Fino a farci scomparire”, “Quello che mi manca di te”, “Essere semplice”, “Non ti amo più” e “Che vita meravigliosa”.

D: Diodato, dal 2020 ad oggi la tua è stata davvero una «vita meravigliosa», un saliscendi pazzesco di emozioni. Concordi?

R: «Sì, dall’inizio del 2020 ad oggi è stato un tempo stranissimo e doloroso per tutti, ma per me un periodo extra-straordinario, cioè fuori dall’ordinario. Umanamente ho vissuto quello che hanno vissuto tutti, con le sensazioni drammatiche della pandemia che ci ha travolto. Allo stesso tempo, dal punto di vista artistico, mi sono successe cose pazzesche, dalla vittoria al Festival di Sanremo a tutti gli altri premi…»

D: Già, sei l’unico artista italiano ad aver vinto nello stesso anno, oltre a Sanremo, il David Di Donatello, il Nastro d’Argento e il Ciak D’oro con il brano “Che vita Meravigliosa” dalla colonna sonora del film “La Dea Fortuna” di Ferzan Özpetek. Ti sei esibito alla cerimonia di chiusura della Mostra del Cinema di Venezia e hai anche vinto gli MTV Europe Music Awards come “Best Italian Act”. Messi vicini, tutti insieme, fanno un po’ impressione, tutti ‘sti premi.

R: «Ma indipendentemente dai riconoscimenti che – ovvio – fanno sempre piacere, quello che mi ha dato più soddisfazione è stato l’amore che mi ha circondato. Ho ricevuto l’affetto delle persone che mi seguono, e non solo. Sono bellissime le cose che mi dicono sui social, sono emozionanti le parole che mi dicono quando mi incontrano per strada. E la mia vita non è cambiata dopo tutti questi premi. Vivo bene perché le persone che incontro sono molto attente e portano lo stesso rispetto che ho per loro».

D: Diciamo che le tue canzoni, il tuo modo di porti, il tuo impegno sociale, determinano il pubblico che ti segue.

R: «Sì, ogni artista ha il suo pubblico, che alla fine gli somiglia».

D: Di solito, dopo l’uscita di un album di successo o dopo la vittoria a Sanremo, un artista affronta una vita particolare: apparizioni in tv, incontri, prove, tour e ancora concerti, prove, incontri. A causa dell’epidemia, è saltato tutto o quasi. Lo scenario è inedito: cosa ha comportato nella fase di scrittura delle tue canzoni che ascolteremo magari l’anno venturo?

R: «Le mie prossime canzoni parleranno di quello che stiamo vivendo tutti, delle emozioni contrastanti che proviamo. E contengono tanta rabbia: l’uomo sembra non voler mai imparare la lezione. Pensare che tutto quello che è successo nel 2020 sia frutto dalla sfortuna è folle. E vedere che ci si affida ancora alla fortuna mi fa arrabbiare. Sarà che ho visto le conseguenze delle azioni degli esseri umani, come a Taranto, con l’inquinamento delle acciaierie. Provo sentimenti contrastanti: viviamo da due anni in una pandemia ma siamo noi umani, spesso, il più grande virus del Pianeta. Facciamo scelte atroci nei confronti della Natura. Ci penso da tempo e anche per questo credo che diventerò vegetariano: non voglio più causare male ad alcun essere vivente».

D: Nel 2020 hai visto l’Arena come non l’ha mai vista nessuno – vuota, spoglia, lunare e come speriamo non la vedrà mai più nessuno…

R: «Sì, e l’Arena è diventata casa, per me. Ho vissuto un momento emotivo molto forte, cantando lì, da solo, per l’Eurovision. Ero in un momento particolare, e non solo io ma tutta l’umanità. Ciò che ho vissuto lì dentro è entrato in un flusso comune di energia. Circondato dalle pietre dell’Arena, mi sono sentito parte di qualcosa più grande di me».

D: “Fai rumore” è andata oltre: ora rappresenta più della canzone che ha vinto Sanremo o che sta in un tuo album. A livello testuale è perfetta. Sembra che tu sapessi del lockdown prima di gennaio 2020. La senti ancora tua?

R:«Sì, ma è diventata tutt’altro. Pensavo di aver raggiunto il culmine emotivo e artistico con il Festival di Sanremo, ma quando l’ho sentita utilizzare dalle persone per manifestare la propria presenza nel tempo silenzioso che abbiamo vissuto, è stato per certi versi doloroso, eppure lì ho capito qual è il vero senso della musica».

D: Cantandola in Arena, ti sei sentito solo, lì dentro, di notte, a esibirti senza nessuno intorno a sentirti?

R: «È stato strano sì, ma avevo la sensazione di essere circondato da tanti esseri umani, da una umanità che in quel momento era in silenzio, mentre io provavo a far sentire a tutta Europa le loro voci attraverso la mia».

D: E in Arena, il 19 settembre, con chi sarai?

R: «Con una piccola orchestra. Ci sarà la band che mi ha seguito quest’estate: il Maestro Rodrigo D’Erasmo al violino, Greta Zuccoli alla voce, Andrea Bianchi alle chitarre, Alessandro Commisso alla batteria, Gabriele Lazzarotti al basso, Lorenzo Di Blasi alle tastiere, Beppe Scardino al sax baritono e flauto e Stefano “Piri” Colosimo alla tromba e flicorno. E per l’Arena ci sarà anche lo Gnu Quartet. Archi, fiati, la band… E qualche amico magari ci sarà. Sarà una festa dell’anima. Venite a condividere questa festa con me».

Giulio Brusati

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